Un italiano a Macondo
La storia dell’italiano che ha ispirato Gabriel Garcìa Màrquez
Drammaturgia e regia:
Leonardo Gambardella
Con:
Chiara Cimmino Sander, Elena Fazio e Leonardo Gambardella
Aiuto regia:
Valerio Vittorio Garaffa
Musiche originali:
Guido Sodo
Scene e Costumi:
Vittoria Gallori e Pasquale Lanzillotti
Disegno Luci:
Ciro Di Matteo
Consulenza storica:
Vittorio Cappelli
Lo spettacolo prende spunto da una recente intervista in cui il premio nobel Gebriel Garcìa Màrquez ha dichiarato che il personaggio Pietro Crespi, l’italiano che appare in Cent’anni di solitudine, è ispirato a don Antonio Daconte, emigrato da Scalea (Cosenza) alla fine dell’800 in Colombia. La vicenda è riportata nel libro “Storie di italiani nelle altre Americhe” di Vittorio Cappelli (Rubbettino Editore), professore di Storia contemporanea all’Università della Calabria ed esperto di storia dell’emigrazione. Daconte entra nelle pagine del capolavoro di Garcìa Màrquez, diventando il simbolo di un emigrazione che è stata capace di integrarsi e di generare fermenti culturali attivi.
Antonio Daconte agli inizi del ‘900 aprirà ad Aracataca, città natale del celebre scrittore colombiano, il primo cinema, il Salon Olympia, lì Gebriel Garcìa Màrquez ancora bambino assisterà per la prima volta nella sua vita al prodigio delle immagini in movimento, evento che resterà significativo nella sua memoria insieme alla carismatica figura del calabrese Antonio Daconte.
“Raccontare la vicenda di questo mio compaesano nato cento anni prima di me – spiega l’attore di Scalea Leonardo Gambardella – e che come me e tanti altri ha sentito il bisogno di partire dal proprio paese per realizzarsi, mi ha dato l’occasione di affrontare il tema dell’emigrazione da un punto di vista diverso, che va oltre lo stereotipo dell’emigrante con la valigia di cartone e che restituisce un esempio positivo di integrazione, di realizzazione, di capacità che trovano il modo di esprimersi. Solo riuscendo a nutrire i modelli positivi è possibile trovare un riscatto per il Sud, vittima di pregiudizi e luoghi comuni. La storia dell’emigrante che finisce in Cent’anni di solitudine, riuscendo a portare la cultura che lo ha formato all’interno dell’universo fantastico dell’opera in lingua spagnola più importante dopo Don Chisciotte, mi è sembrata perfetta al fine di tale obiettivo”.
“Trovo importante che tra le proposte culturali dell’estate a Luria trovi spazio Un italiano a Macondo” Spiega Giacomo Reale, assessore alla pubblica istruzione, politiche giovanili, sport e spettacoli, trasporti, “che offre la possibilità di conoscere una storia dimenticata che mette in relazione la nostra zona con la grande letteratura di Gabriel Garcìa Màrquez.”
“Un Italiano a Macondo” racconta il viaggio di Daconte dalla solitudine del suo paesino in Calabria fino alla mitica Macondo, il palcoscenico dove i ricordi trovano corpo, dove il sogno trova il suo compimento e la realtà diventa magica. Daconte nel Salon Olympia viene rapito dal film che sta guardando in cui vede materializzarsi i suoi sogni di successo e le sue paure di fallimento. La proiezione evoca un ricordo che dal lontano passato calabrese prende corpo, e viene a chiedere conto della solitudine in cui è stato relegato. E’ Cettina, il primo amore che Antonio ha lasciato in paese quando è partito alla ricerca di fortuna.